ONNA BUGEISHA



GUERRIERE DEL SOL LEVANTE

L’Associazione Yoshin Ryu di Torino, in collaborazione con il Museo d’Arte Orientale, ha presentato tra il 18/2019 ed il 01/03/20 la mostra Guerriere dal Sol Levante, terza parte di una trilogia iniziata nel 2016 con Ninja e Samurai parte prima e seconda. 
Partendo dall’affascinante tema marziale del Bushi, la mostra ha rivelato aspetti volutamente dimenticati del passato storico della donna giapponese, esplorando poi il fervente immaginario del manga e dell’anime sino alla sua influenza sulla cinematografia occidentale. Se da un lato l’obbiettivo era la divulgazione di fatti storici sino a tempi recenti ritenuti marginali od al massimo folkloristici, come appunto l’esistenza delle onna bugeisha  (donne guerriere), dall’altro è stata creata una preziosa opportunità di riflessione socio-antropologica sui ruoli della donna nella società passata e presente. 



L’ultima sala della mostra era infatti un omaggio a donne d’ogni epoca e provenienza che hanno lasciato un segno indelebile con la loro intelligenza, il loro anticonformismo e la loro capacità di precorrere i tempi. Credo che sia oramai chiaro a tutti come la donna sia da sempre una guerriera in grado di lottare, oltre che per i propri figli ed i propri cari, per un mondo migliore, per la scienza, l’arte e certamente anche per il potere. Pensiamo, tra i tantissimi esempi familiari alla cultura occidentale, ad Ipazia, Cleopatra, Artemisia Gentileschi, Sylvia Plath, Virginia Woolf, le sorelle Brontë, Natalia Ginzburg, Frida Kahlo, Coco Chanel, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Grace O’Malley, Anita Garibaldi, Evita Peron, Mata Hari, Elisabetta I o Maria Stuart. Donne uniche che rappresentano, nelle loro speranze e nei loro errori, nei loro successi e nelle loro tragedie, un numero infinito di anonime, dimenticate guerriere che sin dagli albori della civiltà umana si sono giocate tutto, coraggiosamente, sullo scacchiere della vita. 



GUERRIERE DELL’OBLIO



Chiaramente non è stato solo il Giappone ad aver dimenticato per lungo tempo le proprie guerriere. Nella cultura europea sono poche le donne che vengono ricordate per aver preso le armi, delle quali Budicca e Giovanna D’Arco sono sicuramente le più famose. Dalle culture asiatiche conosciamo soprattutto 4 nomi. 

Quello di Hua Mu Lan, leggendaria eroina cinese che si arruolò in un esercito di soli uomini per poi divenire generale supremo, ricordata in un poema del VI secolo e resa celebre dal film di animazione della Disney, e dal bellissimo film cinese del 2009 Mulan, Rise of a Warrior, con la splendida Zhao Wei (Shaolin Soccer, Red Cliff, 14 Blades, Painted Skin: the Resurrection, tutti consigliatissimi). 


(Zhao Wei interpreta l'eroina Hua Mu Lan, che significa Fiore della Magnolia. In cinese, come in giapponese, il cognome va indicato prima del nome)



(L'uscita nelle sale cinematografiche del nuovo live action della Disney, rimandata a causa del covid-19, è prevista per giugno 2020)

Sempre dalla Cina, la temutissima Ching Shih, donna-pirata al comando di 80.000 uomini e 1800 navi: ex-prostituta, sulle sue navi la violenza sessuale sulle donne veniva punita con la morte. Era talmente ammirata che, alla sua sconfitta le fu consentito di mantenere il favoloso bottino accumulato negli anni. 

(La piratessa Ching Shih)

Tomoe Gozen (dove Gozen sta per Giovane Signora, titolo riservato a donne di rango) è certamente la figura di onna bugeisha più amata del Giappone. Risalente al tardo XII secolo, ma non storicamente comprovata, le sue gesta appaiono nel poema epico del XIV secolo Heike Monogatari e nel Gempei Seisuki. Bella ed abilissima con l'arco, servì il clan dei Minamoto durante la guerra del Gempei contro il clan dei Taira. Nei poemi sopracitati appaiono altre donne guerriere, ma si tratta di eccezioni alla regola, poiché la figura dell'eroe è sempre e comunque quella maschile. Non per nulla, il suo signore Minamoto no Yoshinaka le proibisce di morire al suo fianco poiché ne avrebbe scalfito il proprio onore di samurai.



Infine, parlando di tempi più recenti della storia giapponese, troviamo Nakano Takeko, onna-bugeisha a capo di un esercito di guerriere che combattevano con la caratteristica naginata, un falcione dalla lunga lama monofilare incastrata in un lungo bastone che permetteva loro di tenere l’avversario a distanza. La condottiera trovò la morte a 21 anni nella celebre battaglia di Aizu a fianco delle truppe dello shogunato, che vennero sconfitte da quelle dell’Imperatore, dando inizio all’Era Meiji con la sua apertura all’Occidente. 

(Non è provato che questa sia la vera Nakano)

(Imperatrice Jingū)

Dall’interessantissima mostra al MAO di Torino abbiamo tuttavia appreso che la donna-samurai non fu un’eccezione alla regola: anche se l’arrivo nel paese del Sol Levante del buddismo e del confucianesimo (che spesso contenenevano, ahimè, forti elementi misogini) la allontanò progressivamente dal ruolo di guida spirituale legata allo shintoismo, la sua presenza bellica resta a lungo necessaria per difendere la famiglia ed il clan. 


Nonostante la loro progressiva emarginazione all’interno della società, moltissime donne continuarono ad essere addestrate all’uso della naginata ed altre armi, come il letale ventaglio da combattimento (tessen), la falce con catena appesantita (kusarigama), l’arco yumi (con cui erano abilissime a cavallo) o le unghie metalliche (nekode), che si sono potute ammirare alla mostra. 


Con la restaurazione Meiji del 1868 il Giappone uscì dal feudalesimo, ed è qui che il ruolo della donna-guerriera svanirà sia nella vita reale che nella consapevolezza storica, per far posto ad una lenta ma inesorabile omologazione allo stereotipo femminile occidentale. 
La figura femminile asiatica è da sempre oggetto di ammirazione e vagheggiamenti erotici da parte dell'occidente, e la onna bugeisha non è certamente esime dall'essere soggetta a stereotipi. Al pari della geisha, sovente se ne coglie in maniera superficiale la suggestiva ed esotica estetica, senza comprendere il fatto che dietro a queste figure, sottoposte a disciplina brutale e sacrifici, spesso fossero protagoniste di tragedie personali che travisiamo o ignoriamo per assecondare la nostra curiosità e gusto del bello. Nelle raffigurazioni artistiche i visi dolci e sottomessi delle concubine-intrattenitrici (questo è il ruolo storico delle geisha) e quelli distaccati e contemplativi delle eroine del bushi, in realtà si sovrappongono poiché appartengono ad un mondo inesorabilmente declinato al maschile. Viene spontaneo menzionare in questo contesto le ianfu, ovvero le "donne di conforto" durante l'epoca dell'aggressione imperialista, alle quali sarà necessario e doveroso dedicare una pagina a parte.


Sappiamo come le donne siano ammesse alla carriera militare in parecchie nazioni e partecipino attivamente alle guerre fisiche purtroppo ancora in atto nel mondo. Va detto che oggi la grandissima maggioranza delle vittime delle guerre è costituita da civili, tra cui un enorme numero di donne, proprio come le ancora troppe vittime di femminicidio e violenza domestica. La nostra più grande battaglia sta nel dimostrare con le nostre forze (ma senza emulare gli oppressivi modelli maschili), che i valori della società possono e devono cambiare. 
La meta ultima, dopo tutto, è proprio il Wa giapponese: la via della Pace e dell’Armonia, concetti che stanno alla base del Bushi. Ed oggi le donne che si dedicano appassionatamente alla varie, splendide Arti Marziali sono davvero tantissime.


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