MUSK MING, CHINESE QUEER ARTIST


   

Porta un top a righe sottili bianche e nere sotto ad una sottile giacca in tinta unita nera. È leggermente spettinato, il volto pallido ed un po' stanco di chi ha viaggiato e fatto le ore piccole. Lo sguardo, dietro ad un paio di occhiali da vista dalla montatura leggera, è quello serio e pensieroso di uno studente in attesa di un esame importante. Di fronte a lui, al tavolo della colazione dell'hotel, siede un uomo maturo dall'aria da professore di filosofia in pensione. Premuroso e silenzioso, quest'ultimo lo vizia con una seconda dose di caffè ed un'enorme fetta di torta al cioccolato. 

Termino il mio tè verde, saluto con un cenno del capo, e mi inoltro per le vie di Prato in cerca del Museo del Tessuto. Sbrigate le procedure di accredito, mi accomodo nell'accogliente sala delle conferenze, per trovarmi nuovamente accanto a lui. Questa volta, nei panni della star della mostra IDEM/ALTER: MUSK MING. 

Ora è privo di occhiali, accuratamente pettinato, e sfoggia, su pantaloni e top neri, un bellissimo giubbino, sempre rigorosamente nero, decorato con fiori bianchi dal sapore orientale. Altezza media, longilineo ed aggraziato, Musk non solo è bello ma dimostra una quindicina di anni in meno, cosa che preoccupa sia l'artista (oh l'orrore di invecchiare!) che il premuroso "professore" che lo segue come un'ombra e gli scatta foto con fare professionale. Di lì a poco scoprirò che è il suo partner berlinese di vita. Nella Cina antica, ne sarebbe sarebbe stato ufficialmente il "padre" (per saperne di più leggete un mio essay sull'omosessualità nella Cina Imperiale qui).

Durante la conferenza (parte del programma del festival SETA: Dialoghi sulla Cina contemporanea, ed. ottobre 2021) a presentazione della expo di arte contemporanea, curata da Silvia Vannacci ed a cui partecipano altri due artisti cinesi che operano in Italia/Europa, Peng Paolo Shuai, e Liang Lisha, Musk Ming mostra la tipica grazia e compostezza asiatica dietro all'aria spavalda, ed al contempo vulnerabile, che caratterizza molte persone di orientamento sessuale non etero. Ne ho incontrate e conosciute tante nella vita: posso dire che mi basta un'occhiata per scorgere le loro cicatrici ed il forte desiderio di amare ed essere amati. 

Musk, nome d'arte che rimanda apertamente all'essenza odorosa del maschio, è nato a Tianjin nel nord della Cina, ed è cresciuto in una caserma. Il padre, ufficiale del People's Liberation Army, lo circonda di uniformi e riviste di armi e propaganda. Ma al ragazzino non attira la vita militare: è fragile ed introverso, e preferisce starsene da solo a disegnare. Il suo soggetto preferito, che resta gelosamente segreto, sono i corpi muscolosi ed i volti ingenui delle giovani reclute. 

Apprende la pittura tradizionale cinese e la calligrafia, ma giura di fuggire al più presto da un ambiente che ama ed odia allo stesso tempo. Una volta arrivato nella capitale, inizia la sua carriera di artista. I soggetti militari sono apprezzati, ma non come li vorrebbe dipingere lui: giovani soldati nudi, vestiti solo dei tipici cappelli verdi con la stella rossa nel centro, oppure quelli da ufficiale di marina. La strada per Musk Ming si aprirà quindi a Berlino, dove si reca nel 2005, all'età di 25 anni, per restarvi per sempre. 

Poco a poco si costruisce una cerchia di amici ed uno spazio artistico in una della città europee in cui la scena LGBTQIA+ è più vibrante e feconda, ed in cui trovano rifugio artisti da ogni dove. Ed ecco che proliferano i suoi disegni, ad olio, acrilico ed inchiostro, di giovani ragazzi cinesi dai corpi nudi (spesso solo con copricapi di ogni tipo, ma mai con i genitali in mostra), glabri, longilinei ma muscolosi, dai volti ora teneri ed ingenui, ora colti nell'ondata feroce dell'orgasmo. Rappresentano una mascolinità tipicamente cinese, ingenua ma sexy 又纯又, che ha contraddistinto l'ascesa del fenomeno dell'idol importato dalla Corea del Sud (a sua volta una rielaborazione dall'idol giapponese). Il ragazzino descritto come 小鲜肉, ovvero "tenera carne fresca", una volta solo per gli occhi ed il portafoglio di ricchi uomini e donne, oggi non è solo un icona gay ma un prodotto di marketing per un pubblico femminile vorace ed insaziabile. Ma questa è un'altra storia... perché Musk Ming appartiene al genere di Arte Queer classico, senza se e senza ma. Un genere che è entrato, anche se attraverso la porta di servizio, a far parte del circuito dell'arte trendy e liberal che troppo spesso utilizza il discorso sui "diritti umani" come sussiegosa arma politica (contro religioni scomode, nazioni scomode, partiti scomodi), rendendo il contesto retorico e sterile. 

I volti e le figure maschili rappresentati da Ming, pur prestandosi facilmente alla chiave di lettura di dissidenza politica, tanto cara al circuito artistico occidentale ufficiale (o per lo meno fake-alternative), mostrano invece una lettura psicologica assai più interessante. Questo perché si tratta al 90% di autoritratti: l'artista propone all'infinito, alla stregua della riproduzione seriale del classico prodotto commerciale da supermercato di Warhol, se stesso con la sua nudità. Una nudità che presenta la propria sessualità come via di fuga da un mondo che gli nega l'oggetto dei desideri, ma anche come manifestazione, peraltro tenera, di un narcisismo imbevuto di sottile terrore di perdere la gioventù. I giovani dei ritratti sono anche memoria di coloro che egli ha desiderato sessualmente nell'adolescenza, e che si sono impossessati del suo corpo e della sua psiche. Una psiche che vive ancora fermamente nella sua Cina eroticizzata, mentre la carne esiste oramai dentro i paradigmi dell'Occidente. Il grido senza suono dell'orgasmo, la cui immediata lettura porterebbe al concetto di censura, è anche manifesta espressione di dolore per ciò che inconsciamente ancora sanguina di adolescenziale concupiscenza insoddisfatta. Musk è infatti un delizioso esempio di Peter Pan che potrebbe facilmente trasformarsi in un tragico Dorian Grey, qualora volesse continuare a vivere nei panni del sexy symbol gay, asiatico e dissidente, volontariamente offertosi come feticcio sessuale per una coorte di adoratori occidentali. Il venire a patti con i fantasmi erotici del passato ed un futuro che alla fine presenterà il conto con l'inevitabile sfiorire della bellezza giovanile che egli stesso (non solo i suoi fans) idolatra, è peraltro un dramma che Musk potrebbe facilmente mediare attraverso la sua cultura d'origine, non certo con quella occidentale...


Oltre a dipingere l'ideale di giovane maschio cinese dedito alla carriera militare non per devozione alla madrepatria, ma come senso di appartenenza all'enclave di sessualità omosessuale per eccellenza, soprattutto secondo l'iconografia gay occidentale, Musk va anche a giustapporre le classiche icone gay occidentali come Marylin, James Dean e Greta Garbo, a quelle della Cina Imperiale, ovvero gli attori del teatro dell'Opera di Beijing. Le sue opere, seguendo i canoni dell'arte contemporanea, trasuda insomma commerciabilità, ribadita anche attraverso la produzione di calendari e stampe, perfette per la vendita online. Ma non si ferma qui.

A mio avviso, i lavori più interessanti e stimolanti di Musk Ming risiedono nel suo approccio all'arte multimediale, attraverso video-montages (interessanti quelli che mostrano spezzoni di film cinesi degli anni 80 e 90), a cui abbina canzoni profondamente kitsch da lui scritte ed interpretate. Nei video racconta storie in cui la sua cultura si scontra/incontra con quella occidentale, sempre a comunque attraverso il filtro della sessualità non binaria o comunque non stereotipata (appaiono spesso figure di dominatrici e/o seduttrici che paiono desiderarlo sessualmente, volerlo possedere, mentre egli gode della loro attenzione, le provoca con studiata malia, ne imita l'aggressività femminile). Fotogenico ed espressivo, il suo volto mostra sorpresa, dolore, turbamento, freddezza, ironia, mentre la sua voce disincantata volteggia su un queer-elettro-pop internazionale dal sapore cabarettisitco, un po' fru-fru ed un po' tragicomico. È con questi lavori che egli sa trasmettere con grande impatto il disagio che si nasconde dietro alla facciata edonistica dell'essere gay anche di professione, per di più come feticcio esotico.  



Musk Ming ha 43 anni, ed anche se non li dimostra, la sua arte è quintessenzialmente espressione degli anni Novanta, e là pare essersi fermato. Il fatto di essere da tempo un artista di nicchia dalla produzione mirata ad un pubblico predominantemente queer, ha forse costretto la sua creatività. Oggi di arte si può anche vivere, ma è veramente arte ciò che Musk Ming crea, oppure l'opera d'arte, come in fondo pare aver perfettamente intuito, è in realtà proprio lui stesso?

http://www.muskming.com


















 


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