CRESCIUTI CON LE SIGLE DEGLI ANIME



DEMENTED BURROCACAO
Si Trasforma In Un Razzo Missile 
Rizzoli Lizard

Continuano le recensioni dei libri che hanno attinenza con la cultura giapponese che ho ricevuto in gentile omaggio negli ultimi mesi. 

Se qualcuno mi chiedesse perché, di quando in quando, mi piaccia ribattezzarmi con improbabili nomi di penna, risponderei che è il mio modo per vivere come un anime: finita una serie, ne giunge una nuova in cui tuffarsi. Per questo motivo, tra le circa 200 pagine di questo libro, ho ritrovato molto di me stessa. 

Con il suo esordio letterario il musicista sperimentale, giornalista e “terrorista culturale” Stefano di Trapani, del quale Demented Burrocacao è uno dei vari pseudonimi, ci racconta di come sia cresciuto, al pari di tanti di noi, attraverso gli anime giapponesi. Queste ne hanno influenzato in maniera determinante la personalità: poliedrica, retro-futurista, gender-fluid, affascinata dalle avanguardie più irriverenti e kitsch.

Attraverso un variopinto intreccio tra l’evolversi della vita di un bambino di borgata romana (Torrevecchia) e l’invasione di strabilianti anime attraverso le emittenti italiane a partire dalla fine degli anni ‘70, riscopriamo un incredibile panorama semi-nascosto della musica pop, rock, jazz e new-wave italiana. È proprio attraverso le prime, innovative sigle dei cartoni giapponesi, spesso rivisitate o completamente riscritte da un fedele gruppo di musicisti nostrani, tra cui spiccano leggende come Vince Tempera, Ares Tavolazzi ed un Nico Fidenco già prolifico autore di colonne sonore (dallo spaghetti-western al soft-porn di Emanuelle), una valanga di collaboratori di artisti come Mina, Vecchioni, De André, Vanoni, etc., per poi arrivare alla regina LGBT, Cristina D’Avena, che l’autore si appassiona di musica. 

Descritte con minuzioso ardore, le sigle di cartoni epici, fantascientifici (spesso dai risvolti dark) sono chiave d’accesso a mondi stupefacenti che, attraverso note ed immagini, diventano parte della psiche di bimbi la cui fantasia ha improvvisamente accesso ad un cosmo popolato da creature sino ad allora inimmaginabili. Dal malinconico eroe solitario, principe per eccellenza del retrofuturismo, Capitan Harlock, si passa al mecha, gigantesco robot umanoide pilotato dall’uomo (Mazinger Z, Goldrake, Jeeg Robot) sino alla simbiosi reale tra uomo e macchina. All’interno di questi scenari vengono inserite narrative importanti: pensiamo alla portata del messaggio in Gackeen, dove dall’amore tra 2 piloti -presumibilmente etero- nasce un robot sessualmente indefinito, o alla gang dei Cyborg 009, volutamente multirazziale. 

Crucialmente, vediamo come il giovane Di Trapani non si auto-limitasse ad assorbire come una spugna anime “per maschietti” (cosa che invece facevo io!): complice la passione ossessiva per le sigle, si delizia delle saghe di Evelyn e la Magia di un Sogno d’Amore, Madmoiselle Anne, Lady Oscar (classico esempio di fluidità di gender), e così via. Grazie ai manga insomma si scopriva anche cos’è l’amore, ovvero un’energia magica e travolgente che irrompe su tutto e tutti, senza limitazioni o regole imposte. E le sigle degli anime rappresentano proprio questo spirito. (Naturalmente oggi il discorso si è evoluto, ma questo merita un discorso a parte).

Il libro, accompagnato dalle deliziose illustrazioni di Simone Tiso, invita a scandagliare l’etere per riascoltare classici che portiamo nel cuore ma, soprattutto, dà l’opportunità di soffermarsi sugli autori ed i musicisti che vi lavorarono sopra con l’entusiasmo genuino ed irriverente di un bambino. Lo stesso autore si chiede se sia diventato “demented” (nel senso più positivo ed onnicomprensivo del termine) per colpa di dosi massicce di mecha… Credo, parlando di me stessa, che sia proprio così. Perché in quello strano mondo c’era proprio tanto, dalla sperimentazione sovversiva alla ricerca dell’amore e della libertà personale. Dopo tutto, divertirsi è una cosa dannatamente seria!

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