CINE GIAPPONESE: MATSUDA RYŪHEI
(Picture: NKH)
Vorrei passeggiare con voi lungo piccoli sentieri che s’addentrano nella rigogliosa selva del cinema giapponese contemporaneo. Attraverseremo boschi pieni di sorprendenti creature che formano la filmografia di alcuni degli attori e registi nipponici più amati e premiati.
Inizio con uno degli attori che, a mio avviso, più rappresenta uno degli aspetti accattivanti della "giapponesità": MATSUDA RYŪHEI, il nerd cool!
松田龍平 (Tokyo, 9 maggio 1983), è figlio d’arte. Il padre è infatti il famosissimo attore Matsuda Yūsaku (1949-1989) e la madre la bellissima attrice Matsuda Miyuki (Audition). Anche il fratello minore, Matsuda Shōta, è un attore di successo.
La morte precoce del padre, avvenuta a soli 40 anni in maniera molto pubblica, a causa di un tumore alla prostata che egli ignora per partecipare al film di Ridley Scott Black Rain (Pioggia Sporca, con Kirk Douglas ed Andy Garcia), segna la personalità quieta ed introversa di Ryūhei. Detto ciò, da ragazzino ama il football alla follia, tanto da sperare di entrare nelle giovanili di una squadra italiana. Dotato tuttavia di una bellezza singolare, a 15 anni viene invitato dal leggendario regista esponente della Nouvelle Vague giapponese Ōshima Nagisa (1932-2013, Ecco l'Impero dei Sensi, Furyo/Merry Christmas Mr Lawrence) a cimentarsi nel ruolo da protagonista in quello che sarà il suo ultimo lavoro: Gohatto (Taboo, 1999).
È con questo debutto d'altissimo livello che il teenager s’innamora del cinema, lasciando gli studi ed intraprendendo la carriera di attore “serio” (nel senso che non proviene dalla fabbrica degli idol) di cinema, TV e (più raramente) teatro. L’interpretazione spontaneamente intrigante del giovanissimo e misterioso samurai Kano Sozaburo rivela ambiguità recondite nello sguardo del debuttante Ryūhei… Uno sguardo che filtra tra occhi allungati e sottili come quelli di un’antica, enigmatica statua di Buddha. Il suo volto di adolescente ne ricalca infatti tutti i canoni estetici: occhi stretti, sinuosi e dal leggero strabismo di Venere, scolpiti tra sopracciglia ben tratteggiate e terse doppie palpebre, naso piccolo e dritto, zigomi alti e pronunciati, bocca piccola dal labbro superiore sporgente e forma tondeggiante del viso. Stupefacente!
In Gohatto ha al suo fianco un gigante del cinema giapponese, Kitano "Beat" Takeshi (attore, regista, sceneggiatore, comico, presentatore, scrittore e pittore!) nella parte di Hijikata Toshizō, il più leggendario dei leader della Shinsengumi (speciale corpo di polizia di Kyoto a difesa dello shugunato: siamo agli albori della restaurazione Meiji). Noto per la sua bellezza e per la statura superiore alla media di allora, morirà nel 1869 a soli 34 anni durante l’ultima battaglia della guerra del Boshin. (Nota: Prima della battaglia, Hijikata consegnò al suo apprendista 16enne Ichimura Tetsunosike la sua katana, una ciocca di capelli, una fotografia ed un epitaffio in versi: "Anche se il mio corpo si decomporrà sull'isola di Ezo, il mio spirito resterà a proteggere il mio Signore ad Est")
(Foto d'epoca del vice-comandante Hijikata Toshizō)
Il casting del 50enne Kitano non si basò quindi su fatti storici ma sul carisma dell’attore in questione. Un allora 25enne Asano Tadanobu (immagine sotto), uno dei samurai infatuati di Sozaburo, avrebbe potuto a mio avviso interpretare Hijikata, ma questo è un altro film…!
Gohatto, nominato alla Palma d'Oro del Festival di Cannes, procura al nostro Ryūhei il Japan Academy Award come Attore Esordiente, e segna l’inizio di una carriera attore alquanto versatile, a suo agio sia in ruoli drammatici che umoristici.
Particolarmente intense ed artistiche sono alcune delle sue prime pellicole, tra cui la leggendaria Aoi Haru (Blue Spring, 2002) e Nain Souruzu (9 Souls, 2003), entrambi di Toyoda Toshiaki, che utilizzerà Ryūhei in altri suoi futuri film, tra cui il recente Nakimushi Shottan no Kiseki (The Miracle of Crybaby Shottan (2018).
Aoi Haru è uno dei miei film preferiti in assoluto per via della sceneggiatura cruda ma poetica, accompagnata da una colonna sonora fantastica, contenente veri e propri gioielli dei Three Michelle Gun Elephant (dall’album Rodeo Tandem Beat Specter), eroi del punk/indie rock giapponese degli anni ’90. Qui Ryūhei interpreta il bellissimo Kujo, studente delle superiori che diventa capo-gang in un ambiente che dipinge senza veli il clima violento e surreale che si viveva all’epoca in alcune scuole pubbliche giapponesi, tragici teatri di suicidi ed ogni forma di bullismo immaginabile. Si tratta di un film-culto che lancia la carriera di numerosi giovani attori, tra cui gli ottimi Arai Hirofumi ed Eita.
9 Souls è un altra pellicola potente e poetica. Narra la tragica storia di 9 galeotti che evadono di prigione, per poi confrontarsi con i propri rimorsi sul ciglio di un mondo oramai alieno e che non li accetterà mai. Ryūhei interpreta la parte del taciturno e probabilmente autistico Michiru, personaggio apparentemente marginale ma che dipingerà l’indimenticabile l’epilogo del film. Per il ruolo, il regista costrinse Ryuhei a radersi i capelli, che all’epoca stava facendo crescere per reiterare la sua personalità di “alternativo” (come tanti “timidi”, ama la musica rock e metal). Toyoda confesserà in una futura intervista che si pentì molto del fatto, visto che ridusse inutilmente il giovane attore in lacrime.
Dopo due film tratti da manga famosi, il divertentissimo Koi no Mon (Otakus in Love, 2004) del poliedrico regista/attore Suzuki Matsuo in cui interpreta un eccentrico artista di manga, Showa Kayo Daizenshu (Karaoke Terror, 2004) dal romanzo black-comedy di Murakami Ryu (in cui si cimenta suo malgrado nel canto) ed il famoso primo capitolo di Nana (2005), dove fa la parte di Ren, sexy ed ombroso chitarrista punk-rock amato dalla protagonista, arriva la seconda chiamata da parte del maestro Miike Takashi.
Nel 2004 il leggendario regista aveva assegnato a Ryūhei la piccola ma ipnotizzante parte di etereo e bellissimo imperatore dai lunghi capelli avvolto nella seta nello straniante, nichilista Izo. Due anni dopo gli affida la parte di protagonista, insieme ad Andō Masanobu, in un’altra splendida, drammatica e surreale pellicola, A Big Bang Love: Juvenile A.
Nel 2004 il leggendario regista aveva assegnato a Ryūhei la piccola ma ipnotizzante parte di etereo e bellissimo imperatore dai lunghi capelli avvolto nella seta nello straniante, nichilista Izo. Due anni dopo gli affida la parte di protagonista, insieme ad Andō Masanobu, in un’altra splendida, drammatica e surreale pellicola, A Big Bang Love: Juvenile A.
In questa un incredibilmente cool Ryūhei interpreta la parte di Ariyoshi Jun, cameriere in un bar gay alternativo che si trasforma in assassino del suo violentatore (un cliente in maglietta dei Napalm Death!). Finito in prigione, nasce la delicatissima e tragica storia d’amore tra di lui, impaurito, timido e taciturno, ed un giovane ed aggressivo prigioniero, anch’egli alla deriva da un mondo assurdo ed incomprensibile. I personaggi, psicologicamente marchiati a vita, trovano brevemente conforto l’uno nell’altro: come evidenzia il nome originale del film, 46-okunen no koi, la disperazione dei due giovani racchiude “Tutto l’Amore di 4.600 Milioni di Anni”…
Subito dopo aver girato sotto la direzione di Miike, Ryūhei s’addentra nel ruolo di Yamao Yōzō, uno dei Chosyu Five. L’omonimo film traccia l’interessante storia di 5 samurai della provincia di Chōshū Han, avvisa da sempre ai Tokugawa, i quali nel 1863 s’imbarcano segretamente alla volta dell’Inghilterra per studiare le tecnologia avanzate dell’occidente al fine di sopraffare lo shogunato. Al loro ritorno, fecero realmente parte delle nuove forze governative del Giappone della Restaurazione Meiji.
(Original pic. 1863)
Il personaggio interpretato da Ryūhei, Yamao Yōzō, dopo aver studiato l’inglese a Londra per un anno, si iscrisse alla facoltà di Scienze ed Ingegneria, per poi specializzarsi in Ingegneria Navale a Glasgow, guadagnandosi il soprannome di Real Hero per la diligenza agli studi. Ritornato in patria si dedicò alla modernizzazione del paese, fondando l’Imperial College of Engineering, e venne nominato shishaku (visconte) dall’Imperatore Meiji.
Se da un lato Ryūheu, dall’alto del suo metro ed 83cm non rappresenta fedelmente il suo personaggio nella fisicità, impersona bene lo stupefatto smarrimento al primo impatto con la metropoli londinese da parte di un giovane nobile feudatario assetato di progresso.
Tra il 2006 ed il 2009 (anno in cui si sposa di tutta fretta con la modella incinta Ōta Lina, da cui ha una figlia, per poi divorziare nel 2017 dopo un periodo di separazione) Ryūhei gira, tra le altre cose, i due noir della serie Nightmare Detective, in cui fa la parte di un tenebroso detective con facoltà paranormali. In questa fase vediamo un Ryūhei, oramai giovane adulto, più longilineo, richiestissimo interprete e modello dall'aura misteriosa e cool.
Nel 2011, in coppia con l’amico-attore Eita, gira il gradevolissimo Mahoro Ekimae Tada Benriken (Tada’s Do-it-All House), che poi diventa una fortunata serie televisiva, ed un secondo film nel 2014. Sono una fan soprattutto della serie televisiva, poiché mostra il Giappone urbano della gente semplice sull'orlo della sopravvivenza, che si rivela essere eccentrico, a volte rozzo e violento, ma anche tenero e dagli affetti sinceri. L’affiatamento tra il personaggio di Eita (divorziato che deve iniziare la vita dal nulla facendo lavoretti di tutti tipi) e quello di Ryūhei (ex-compagno di scuola divenuto un emarginato della società) è sensazionale: ogni episodio rappresenta una chicca agro-dolce. E da qui in poi si può dire abbia inizio il progressivo periodo nerd dell'attore, il quale rivelerà in un'intervista (nelle quali è notoriamente parco di parole) come i registi forse lo scelgano per le parti da "impedito" perché si rendono conto che nella vita lui è proprio così!
Un altra popolarissima serie di 3 film del genere detective-commedia sarà quella in coppia con il popolare attore Oizumi Yo, ovvero Phone Call to the Bar (2011), Detective in the Bar (2013) e Last Shot in the Bar (2017).
Nel 2013 arriva la splendida parte nel film Fune o Amu (The Great Passage), dal romanzo omonimo di Miura Shion, selezionato per l’86eismo premio Oscar dell’USA Academy Awards come miglior film straniero. Ryūhei interpreta la parte di Majime Mitsuya. Poco avvezzo al rapportarsi con il prossimo ma dal talento straordinario per la filologia, questi viene assoldato da una casa editrice per compilare un dizionario completo ed aggiornato della lingua giapponese. Se avete mai maneggiato uno di questi tomi, potrete avere l’idea dell’impresa mastodontica! E con questo eroico ruolo di studioso di poche parole, pignolo e pronto al sacrificio, arriva per Ryūheu il secondo Japan Academy Award, in qualità di miglior Attore Protagonista.
Nel 2015 esce la commedia divertentissima Jinuyo Saraba - Kamuroba mura e (A Farewell to Jinu), diretta dal geniale Suzuki Matsuo (favolosa anche la sua apparizione nel film) in cui Ryūhei interpreta ancora una volta la parte di un nerd, questa volta affetto da una potente allergia nei confronti del denaro. Da ora in poi vediamo l’attore “specializzarsi” spesso in parti in cui la recitazione riflette la sua personalità carismatica ma mai ingombrante, gentile ed un po’ “imbranata”, introversa ma ironica e curiosa.
Nel 2016/17 Ryūhei è protagonista di Mohican kokyō in kaeru (The Mohican Comes Home), di Okita Shuichi (The Woodsman and the Rain), ed il piacevole Boku no Ojisan (My Uncle), film apprezzati anche da critica e pubblico al nostro Far East Film Festival di Udine, dove l’attore partecipa per ben due volte consecutive, collezionando premi. Finalmente lo si vede in carne ed ossa, tra una sigaretta e l'altra, in tutto il suo splendore nerd (nel 2016, alto ed allampanato dentro ad un abbigliamento poco appariscente se non sciatto) ma anche nella sua versione cool (nel 2017 elegante e curato, ma sempre con un tocco alternativo).
(Intervista al Far East Fim Festival al regista Nobuhiro Yamashita e Matsuda Ryūhei di Bob @ AnimeClick.it qui).
(Far East Film Festival IXX - Pic: Bob @ AnimeClick.it)
(FEFF 2018: Presentazione maglie dell'Udinese a Ryūhei Matsuda - Pic: Paolo Jacob)
In Sanpo suru shinryakusha (Before We Vanish, 2017) e soprattutto in Hitsuji no Ki (The Shythian Lamb, 2018), ritorna a recitare ruoli drammatici, distinguendosi sempre tuttavia per la delicatezza apparentemente sottotono con cui esprime la propria arte, una caratteristica della sua recitazione più matura ed enigmatica che potrebbe essere scambiata per un acting incolore, ma che al contrario mostra, a mio avviso, i tratti essenziali della personalità giapponese. Per intenderci, se venissero trasportati sul set altri romanzi di Murakami Haruki, Ryūhei ne sarebbe un ottimo protagonista, e certo non solo per Colorless Tsukuru Tazaki and His Years of Pilgrimage!
Non è quindi una sopresa vederlo nei panni di un alieno disadattato e stordito dal nostro mondo materiale nel bel film apocalittico del grande regista Kurosawa Kiyoshi (Journey to the Shore, Tokyo Sonata), Before We Vanish. E tantomeno nei panni di un ex-ergastolano condannato per omicidio che, grazie ad un programma di ripopolamento dei piccoli centri periferici, viene reintegrato nella società nel thriller The Shythian Lamb. Il suo traumatizzato personaggio, Miyakoshi Ichiro, seppur distaccato ed irrigidito nel suo vacillante mondo interiore, si avvicina al prossimo proprio grazie alla musica rock.
(In maglietta dei Black Sabbath)
Nell’attesa di vedere l’ultimo film drammatico di Ryūhei, Eiri (The Back of Shadow) di Ohtomo Keishi (il regista della serie live-action di Rorouni Kenshin), tratto dall'omonimo romanzo vincitore dell'Akutagawa Prize 2017 del giovane scrittore Numata Shinsuke, sono stata felice di assistere a fine 2019 alla premiere di un bellissimo film prodotto dalla NHK-World Japan. Già partecipe alla produzione della famosa emittente dedicata all’interessantissima storia della figlia del pittore Hokusai Katsushika, ovvero la mini-serie candidata all'Emmy Award Kurara: Hokusai no Musume (The Dazzling Life of Hokusai’s Daughter, 2017) nelle vesti del suo unico amore, lo spericolato Ikeda Zenjiro, questa volta gli è stata affidata una parte di grande peso: quella di uno degli autori più importanti della storia del Giappone, Akutogawa Ryūnosuke, nel film Shanhai no Akutagawa Ryūnosuke (A Stranger in Shanghai (2019).
Akutagawa Ryūnosuke è considerato il padre della novella giapponese, difatti proprio a lui è dedicato uno dei premi letterari più prestigiosi, l’Akutogawa Prize. Autore e giornalista, morto suicida a 37 anni, è ricordato soprattutto per la novella Rashōmon, che il maestro Kurosawa Akira riadattò (insieme ad un’altra sua novella intitolata In a Grove) nel suo magistrale omonimo film del 1950.
A Stranger in Shanghai racconta degli anni trascorsi in Cina dall’autore, fragile e malaticcio, in veste di giornalista ed osservatore per il quotidiano Osaka Mainichi Shimbun.
Profondo amante della letteratura classica cinese dell’era Yang e Qing, non si fece pregare per raggiungere, nel 1921, una Shanghai ed una Cina dei primissimi anni della Repubblica e di poco precedenti alla Guerra civile, a lui irriconoscibili. Shoccato dal degrado che osserva intorno a sé, Akutogawa s’immerge tuttavia nel caos dell’ex-Impero, incontrando personaggi straordinari ed, alla fine, amando comunque la Cina con sincero abbandono. (L'autore si suicidò in uno yukata confezionato con una splendida stoffa comprata in Cina.)
Mi auguro che questo fantastico film, accuratissimo nel contestualizzare storia ed ambienti, arrivi anche sui nostri schermi. L’interpretazione di Ryūhei trasmette tutto lo smarrimento ed al contempo, stupefatta attrazione, del fragile Akutagawa per una meravigliosa, monumentale cultura cinese che pare dissolversi sotto ad una moderna macchina della violenza che ancora dovrà raggiungere il suo culmine, ahimè anche per mano del Giappone imperialista.
(NB: Seguire il link per una visualizzazione corretta)
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