LIJIANG: la cultura Naxi ai piedi dell'Himalaya



Nell'agonizzante attesa di poter partirete la Cina, mi traccio infiniti, imperdibili itinerari. 

Oggi nel mio diario di futuri viaggi, esploro un gioiello tanto bello da far male: LIJIANG.




Si trova nella regione dello Yunnan (sud-ovest della Cina), ad una altitudine di 2400m. La parte vecchia della città è un sito UNESCO, ed è stata parzialmente ricostruita e meticolosamente restaurata dopo il terribile terremoto di magnitudo 7 della scala Richter del 1997. Oggi costituisce una delle maggiori attrazioni turistiche della Cina. 




Lijiang Old Town è caratterizzata da stradine ciottolate, ponti di pietra, ruote di legno per far scorrere l'acqua lungo i canali decorati di fiori e piante sempreverdi, e dai caratteristici negozietti antichi. 






La via principale, Sifang Street, è sempre movimentata per via dei vari ristoranti tipici. Inoltre è sito dei vari festival che si svolgono durante l'anno, da fine marzo ai primi di settembre. Esibizioni musicali sono all'ordine del giorno, vista la ricca cultura musicale dell'etnia locale, i Naxi, che incorpora varie influenze esterne.




La vecchia città di Lijiang era infatti un importante crocevia sulla Via del Tè e dei Cavalli. Si sviluppò a partire dalla fine del 1200, sotto la dinastia Yuan, raggiungendo il massimo benessere durante le ultime due dinastie, quella Ming e Qing. 




Durante un lunghissimo periodo di 800 anni la città fu governata dal clan Mu. La loro residenza, nel periodo di massimo splendore, raggiunse la grandezza di 12 campi da football, con circa 100 edifici. Venne costruita in stile Han, con varie caratteristiche locali Naxi e Bai integrate nell'architettura e nell'arredamento. 




Anche se la lingua parlata è simile al mandarino, la cultura Naxi è nota per essere l'ultima al mondo nell'utilizzo dei geroglifici come scrittura, preservata dalle leggi cinesi per la protezione delle culture etniche. In Lijiang si può visitare il Museo dei Geroglifici e della Pittura, ed il Dongba Culture Museum (Dongba è il nome dell'antica cultura Naxi). 




In prossimità di Lijiang si possono visitare luoghi meravigliosi, come il borgo di Shuhe, circondato dalle montagne (bellissimo l'hotel Yuefeng Resort da 5*!). 




Da visitare assolutamente i Murales dell'antica capitale Naxi, Baisha, ora villaggio che custodisce gelosamente straordinari dipinti ispirati all'iconografia buddista tibetana: ogni dipinto contiene almeno 100 ritratti di Buddha e Bodhisattvas, ma anche di figure locali, da notabili a fuorilegge.




Altra gita imperdibile è quella al Black Dragon Pool. Si trova ai piedi della Collina dell'Elefante, nel Parco della Primavera di Giada. Il lago del Dragone Nero è un bacino del fiume Yushiu che attraversa Lijiang. È diviso in due da un ponte di marmo bianco: le acque di ogni lato, anche se comunicanti, mantengono una colorazione diversa ed i pesci che ci vivono non sconfinano mai dal proprio habitat naturale. 




Alla bellezza della natura circostante al lago, ricca di foreste di castagni, si aggiungono palazzi che caddero in rovina o vennero distrutti dal terremoto, trasportati e ricostruiti sulle rive del lago, tra cui la villa del Re Mu, Jietuolin, e la Torre delle 5 Fenici, costruzione unica nel suo genere per l'integrazione dello stile Lamaista nella struttura architettonica in legno tipica dei Naxi. 




Sul lago si trovano inoltre due templi Taoisti, di cui il più importante è il Black Dragon Palace (1454), dove i può vedere la vivida rappresentazione del Drago Nero. La leggenda racconta che un tempo nel luogo vivessero 10 draghi cattivi che terrorizzavano la popolazione. Lu Dongbin, uno degli 8 Immortali della mitologia cinese, imprigionò i draghi in una torre, tranne il più giovane. A questi egli concesse la libertà in cambio della protezione della zona. Si dice che il Drago Nero viva tutt'ora nel lago, e regoli il corso delle nuvole e della pioggia.  




Infine, il Santuario del Dragone è l'edificio più importante del Black Dragon Pool.




Per chi ama le escursioni nella natura incontaminata, la cordigliera dello Yulong Xueshan e la Gola del Salto della Tigre forniscono esperienze indimenticabili.




Ma ora veniamo alla cultura Naxi, in tempi remoti migrata ai piedi dell'Himalaya dal nord-est della Cina, ed una delle 56 etnie riconosciute della Repubblica Popolare Cinese. 

La cultura Naxi è famosa per la sua struttura matriarcale. Le donne non solo si prendono tradizionalmente cura del lavoro manuale (un detto dice che le donne Naxi sono più forti e capaci di 10 cavalli), ma sono capofamiglia a tutti gli effetti. È infatti una società matrilineare, in cui l'eredità passa di madre in figlia (in mancanza di figlia femmina, alla sorella). 




Sono le donne a decidere quali e quanti uomini possono avere rapporti con loro: l'usanza (ora meno praticata) è quella di tenere aperta la finestra per le visite notturne gradite, e chiuderla per quelle non desiderate. Una volta incinta, il pargolo viene allevato dalla famiglia, nella quale vi resterà per tutta la vita. Spesso l'identità del padre resta impossibile da rintracciare, ma in ogni caso sono gli zii materni a fare da figura paterna ai piccoli. 




Agli uomini viene tradizionalmente affidata la caccia con i falchi. Ovviamente queste tradizioni stanno scemando: grazie al turismo i Naxi hanno raggiunto un buon livello di benessere, tanto da vivere dell'affitto delle loro vecchie attività a cinesi emigrati da altre regioni. E le coppie ora tendono sempre più alla monogamia. 






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