FEFF22: ROMANCE DOLL



Dopo il felice epilogo del Far East Film Festival 22 di Udine, edizione svoltasi online che resterà memorabile per il fatto di esser stata accessibile a tutti, oltre che per il successo del magnifico Better Days del regista Derek Kwok-cheung, condivido alcuni pensieri su uno dei film in programma più memorabili: Romance Doll di Tanada Yuki

La scrittrice e regista Tanada Yuki esplora con la consueta delicatezza il tema della sessualità di coppia attraverso un contesto inusuale. Sonoko, modella di nudo artistico, dalla personalità dolce e riservata, incontra il timido Tetsuo, laureato in belle arti che lavora per denaro in un laboratorio artigianale che produce sex dolls. Il loro innamoramento, immediato e fisico, li porta ad un matrimonio fulmineo, solo che il ragazzo non osa rivelare alla moglie la verità sul suo lavoro. La Tanaka ci pone con naturalezza davanti alla contraddittoria concezione del sesso in Giappone. Se da un lato vi sono tabù sociali che esacerbano le inibizioni nei confronti della sessualità, dall’altra vi è una cultura laica che da sempre la vive come istinto primordiale insopprimibile, alla pari del mangiare e del respirare. Quindi, non solo è lecito, ma perfettamente normale fare sesso con qualsiasi essere, vivente o inanimato. 




E qui vale la pena fare una parentesi sulla strana storia delle sex dolls…
Le bambole del sesso esistono da tempi immemorabili ed in ogni cultura: pare che l’uomo abbia sempre cercato la bellezza femminile attraverso rappresentazioni inanimate. Basta pensare all'antico mito di Pigmalione e Galatea raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi. La bellezza della sua opera sconvolge lo scultore greco al punto di innamorarsene perdutamente: qui si intravede il desiderio implicito ed atavico del maschio di possedere un'amante perfetta... priva di propria volontà e del dono della parola. 

Ovviamente le sex dolls hanno scopi puramente pratici. È noto che i portoghesi e gli spagnoli, impegnati nelle lunghissime traversate oceaniche ai tempi delle prime conquiste, portassero con se delle rudimentali bambole fatte di cenci per sfogare i propri istinti sessuali. Stranamente non ho trovato cenno di sex dolls impiegate dai marinai inglesi o francesi, e tantomeno italiani (anche se dopo la caduta delle potenze marinare non siamo più stati protagonisti di grandi avventure marittime che portassero le nostre bandiere): chissà, forse preferivano sbrigarsela in altre maniere!



(Dutch Wife)


In Giappone le prime sex dolls arrivarono nel 1700 (era dello shogunato Tokugawa) attraverso i mercanti olandesi: si trattava delle famose Dutch wives (mogli olandesi), fatte di cenci imbottiti di paglia, con alcune parti del viso in pelle, che i marinai si scambiavano in condizioni igieniche inimmaginabili durante i lunghissimi viaggi commerciali. Il capitano della nave era in possesso di una sex doll personale, il cui viso era di porcellana. 
I mercanti giapponesi furono subito incuriositi dalle bambole dagli strani lineamenti, e ne acquistarono alcune per venderle a clienti. Non solo, gli olandesi presero ad affittare le loro bambole a chi non poteva permettersi di acquistarle, pertanto il nome Dutch wife divenne presto sinonimo di prostituta. 





Cent’anni dopo circa, i giapponesi già producono la proprie sex dolls, chiamate Azumagata Ningyo, ovvero Mogli Surrogate. Invece della porcellana, il volto delle bambole era fatto di corazza di tartaruga, ed al posto di un rudimentale buco possedevano una vulva e vagina piuttosto dettagliate. I mercanti nipponici le vendevano al grande mercato Ryogoku, oppure le portavano in giro per il paese per affittarle a tempo. Il mercato delle sex dolls esiste quindi in Giappone da almeno 200 anni. Oggi producono sex dolls in silicone di alta gamma (come si vede nel film della Tanada) e robots sofisticatissimi in grado di comunicare e di diventare veri e propri partner di vita per chi lo desidera.




(Due amorevoli gentiluomini con partner in silicone)


Ritornando al cinema, la sex doll nei film non pornografici viene pur sempre rappresentata con caratteristiche femminili molto accentuate o caricaturizzate, come in Lars and the Real Girl, Austin Powers, Her, Blade Runner o Westworld. 
Il Giappone, famoso per i filoni cinematografici erotici dalle svariate sfumature, dal pinku pop all’hardcore più depravato, ha presentato le sex dolls come oggetti volgari o bizzarri, infilandoci tuttavia in mezzo anche alcune commedie romantiche come Cyborg She, in cui si racconta una tenera relazione d'amore tra robot-donna e giovane umano. 



(I bravi attori protagonisti di Romance Doll: Takahashi Issei e Aoi Yū)


Il lavoro della Tanada offre spunti assai diversi, solo per il fatto di essere una regista donna ad addentrarsi in una tematica affrontata normalmente da registi uomini. 
Romance Doll, come si può dedurre dal titolo, ci pone d’innanzi ad una protagonista femminile la cui oggettificazione in sex doll diventa alla fine poesia metafisica. Non solo: la bambola stessa è un capolavoro di artigianato che vuole rappresentare la bellezza femminile nelle sue forme più belle e naturali, evitando sminuenti deformazioni grottesche. Viene vista come una sorta di tributo ad una donna reale dalla vita troppo breve, amata e stimata non soltanto per le doti di bellezza ma per la gentilezza e la sensibilità altruistica. Il film si sofferma quindi su una personalità femminile la cui spiccata sessualità viene riconosciuta e celebrata in maniera delicata ed intima, e non come fonte di piacere maschile. 





La sessualità femminile scatena da sempre una profonda curiosità da parte dell’uomo, il quale anela a coglierne il mistero (e come dargli torto!). La grande voglia di fare l’amore di Sonoko non è certamente dovuta al fatto di aver scoperto di essere malata terminale, ma è parte fondamentale del suo essere femmina. L’accostamento della sessualità al femminile alla morte non è altro che la rappresentazione della forza spaventosa e dirompente insita nella donna (intesa come dea tantrica Kali, assoluta padrona di se stessa e manifestazione del cosmo) che da secoli terrorizza il maschio (quello incapace di esserne il consorte paritario Śiva, ed a cui non resta che assoggettarla ed umiliarla con la violenza e con norme sociali e religiose discriminanti). 


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