ACCONCIATURE FEMMINILI DELL'ANTICA CINA: LA CORONA DELLA FENICE



Il feng guan, ovvero la corona della Fenice cinese, era uno splendido copricapo utilizzato dalle nobildonne, le cui origini sono lontanissime. Dobbiamo infatti andare indietro nel tempo sino all'Imperatore Qin (221-206AC) Shi Huang Di, quando questi istituzionalizzò l'uso del feng chai (forcina della Fenice) come ornamento ad uso esclusivo dell'Imperatrice e delle concubine imperiali. 


(Concubina)



La piuma della mitica Fenice si identificava nella realtà con le piume azzurro vivo ed iridescenti del martin pescatore, purtroppo uccello estremamente raro per via della sua incredibile bellezza. L'arte millenaria cinese del decorare con le piume di questo uccello, conosciuta come tian tzui, scomparve definitivamente con la fine dell'Impero. Nella antica cultura Eurasiatica ed Asiatica venerare uccelli come la maestosa aquila (nel Tengrismo delle popolazioni mongole o nelle etnie dei Native Americans - pensiamo ai loro caschi di piume) o l'elegante cicogna, è un comune denominatore.




Fu durante la Dinastia del Jin Orientale (317-420DC) che iniziò l'uso del termine feng guan, con riferimento tuttavia ad una forcina della Fenice a forma di pettine. La prima vera e propria corona fu rinvenuta nella tomba dell'Imperatore Yang della Dinastia Sui (581-618). Questa corona fu tuttavia ordinata postumamente in onore della Imperatrice Xiao di Sui da parte dell'Imperatore Tai Zong (626-649), secondo della Dinastia Tang. Tali onori erano a celebrazione della prima riunificazione dei regni della Cina proprio da parte della effimera ma fondamentale Dinastia Sui.


(Replica della corona dell'imperatrice Xiao senza le piume)


Durante l'era Tang, Song e Ming le corone Phoenix diventarono un accessorio sempre più elaborato. Il numero di Fenici (simbolo dell'Imperatrice), Draghi (simbolo dell'Imperatore) e pietre preziose indicavano il rango delle nobildonne. Le corone delle imperatrici vantavano il numero più alto di Fenici e Draghi, con lamine che rappresentavano gli ornamenti del tempio, arrivando a pesare anche 2 o 3 kg. A questo si aggiunsero anche file di perle che penzolavano ai lati della corona, con grande effetto scenico.



(Imperatrice XiaoJing, Ming Dynasty)



Le corone delle concubine reali e principesse possedevano Fenici e Fagiani con perline, dove questi ultimi ne indicavano il rango a seconda del loro numero: 9, 7 e 5. Le rimanenti nobildonne (mogli di ministri e funzionari) indossavano corone più piccole adornate "solamente" da perle e smeraldi. 

Le corone più complesse vantavano Draghi d'oro, Fenici di piume di martin pescatore (che già in epoca Ming erano così rare da essere importate dalla attuale Cambogia), nuvole e fiori composti da perle e pietre preziose. Il numero di perle poteva superare di gran lunga le 5000 e le gemme oltre il centinaio. 


(Corona Ming)


Le imperatrici possedevano più di un feng guan: uno con 12 Draghi e 9 Fenici, uno con 9 Draghi e 9 Fenici ed uno con 6 Draghi e 3 Fenici, usati rispettivamente durante le cerimonie di incoronazione, di visita al tempo degli Antenati e per gli incontri ministeriali. 


(Corona Ming)


Come possiamo evincere dalle foto, le corone della Fenice originali più belle ed antiche a noi rimaste risalgono alla Dinastia Ming, e sono conservate in vari musei. La corona principale dell'Imperatrice Xiao Jing include 121 pietre preziose: 53 rovini, 62 zaffiri, 4 smeraldi e 2 topazi.




Nei C-drama in costume si possono ammirare corone ed acconciature stupende. In "Ming Dynasty" del 2019, che narra proprio la storia dell'Imperatrice Xiao Jing, ne possiamo vedere degli esempi, indossati dalla bella attrice Rebecca Tang.






Fuori dai doveri cerimoniali, le nobildonne utilizzavano comunque acconciature straordinarie, fatte di ornamenti come preziosi ed elaborati pettini e forcine-gioiello, ma anche fiori come la meravigliosa peonia e piume, come vedremo prossimamente... 

Inoltre esploreremo insieme il significato simbolico degli animali mitologici della cosmologia cinese, tra cui appunto Drago e Fenice. 







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